Auguri a Rossanda.
Maestra insuperabile, per me, per la mia vita ed evoluzione di persona. Il suo insegnamento fa leva, oggi, più sulla grandezza letteraria che sul piano della critica e dell'analisi - medicine del vivere che oggi non vengono più somministrate.
Dobbiamo inscrivere l'opera di Rossana Rossanda nell'alveo, delicato e attento, della critica marxista che prende le mosse da Rosa Luxemburg, Antonio Gramsci ripensati attraverso l'innesto della scuola francese di Althusser.
Ma la ricchezza intellettuale di questa donna non si capirebbe appieno se non fosse inserita nel pulsare del maggio francese dove Sartre e Foucault innervarono il dibattito di nuove parole guida.
Sartre, inteso come analisi dialettica e post-ontologica della soggettività in rivolta, esprimeva un nuovo modo di pensare la politica: impegno umano teso a dare risposta a domande esistenziali altrimenti non esaurite.
Foucault, invece, preso nella sua opera dell'analitica del potere. Grazie a questi due grandi fattori di attualizzazione, il contributo di Rossanda alla ricchezza culturale del marxismo, ritengo, sia ineguagliabile. Grande talento letterario, i suoi libri sono giustamente nuovamente editi perché le nuove generazioni, specialmente le donne, possano trarne nuova fonte di riflessione. Finalmente in lei c'è il campione di figura femminile che non è assimilabile alla massificazione dei suoi anni. La profonda emancipazione umana, nella capacità di analisi, ha costruito un'eredità soggetta ad essere dissipata, a rimanere come "parole al vento" - come avrebbe detto l'amico Luigi Pintor. Non a caso, Rossanda non ha mai fatto leva sul movimento femminista, non ha nemmeno mai accettato l'idea che questo movimento reale potesse, in qualche modo, dare forza a tante donne in un momento di liberazione.
Il suo marxismo ortodosso - a rischio di contrarre qualche antipatia - non prescindeva dal fatto che l'uomo - inteso come essere - vivesse in un rapporto di alienazione, determinato dal suo sussistere in un rapporto di produzione, senza del quale la sua esistenza politica - esistenza effettiva - non troverebbe senso.
L'assimilazione del vivente alla macchina nella sua ricerca di attualizzazione oggi sarebbero un bel banco di prova per le analisi fenomenologiche riportate in auge da Umberto Galimberti. Ma Rossanda si è sempre discostata dalle mode intellettuali vedendo con forte sospetto i pensieri a la page, che di tanto in tanto affioravano a sinistra: situazionismo, riformismo spinto, migliorismo. Ma al di là di ogni valutazione personale, innegabile, irrefutabile, per lei la figura di grande sacerdotessa del socialismo reale si presenta come una condanna. Perché fu sicuramente sacerdotessa di un pensiero perché rimanesse sempre vivo, ma affinché proprio le derive del socialismo reale fossero dissipate. Rossanda per prima, dirigente del Pci, oltre che giornalista, ebbe il coraggio di dire a chiare lettere che quella stagione - per un mondo che si liberava e marxianamente strappava le catene - l'Unione sovietica, il Pcus, non potevano più essere un riferimento.
E allora bisognava guardare altrove:
ai non allineati,
a certe forma di castrismo,
ai fondamenti della Rivoluzione culturale cinese del '66.
Un percorso per cui tanti, a lei vicini, l'avrebbero seguita solo a parole. Il Manifesto, che nacque con lei e grazie a lei, segnò una nuova tendenza ma non una nuova generazione di comunisti. Il berlinguerismo stravinse e con lui il realismo tatticistico del meglio, che è nemico del giusto. Il Manifesto esiste, oggi, come pallida rimembranza della possibilità di un pensiero diverso, di uno sberleffo, ben lontano dal propellente che ebbe in quei primi anni Settanta. La Cassandra della difficoltà di pensare la strategia della prassi, oggi, esiste. E noi dobbiamo rallegrarcene. Ma sicuramente lei ora sorride per le tante ottusità di quello che non è più il suo mondo.
Auguri ragazza del Novecento, auguri ragazza di quando si pensava in grande.