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20 marzo '14 - parole
Introspezione del Grillo
Contro le intepretazioni dei tanti grillo che vorrebbero essere uno. http://www.vita.it/societa/media-cultura/recalcati-analisi-psicopatologica-del-grillismo.html Lo psicanalista Massimo Recalcati


Grillo non è una psicopatologia. Non è un'ideologia. Bensì un soggetto politico come un altro. Il resto della classe politica non lo vuole riconoscere per non ammettere i propri fallimenti.
La sua presenza al programma di Vespa, lunedì 19 marzo, se ha qualcosa di positivo, nello scenario politico generale, è di averlo portato a normalità. Ora, a pieno titolo, è diventato uno come gli altri. Ha fine la sua bio-diversità. (Chi scrive è lontano da simpatie penta-stellate, cerca solamente di capire. Il suo interesse agli avvenimenti è puramente sportivo).

Che Grillo abbia stracciato tutti sotto il profilo del messaggio è fuori discussione. La sintesi potrebbe essere detta nel senso de la semplicità contro la complessità. 

 - Ma questo non dice ancora nulla sul fatto che questa semplicità possa nascondere una complessità necessaria, come complessa è l'economia, la natura delle cose

 - Altrettanto non dice sulla complessità che, in definitiva, si traduce invece in scelte semplici. Quasi ovvie. Strettamente operative. 

Ma a perdere sarà l'elettorato che voterà, come sempre o quasi, sulla percezione puramente visionaria delle cose. E a dargli questa visione non sono le cose ma la schiuma degli effetti propagandistici.

In un articolo riportato sopra, Massimo Recalcati, col suo solito narcisismo di chi capisce e spiega, dà visione edipica al fenomeno. Intendiamoci, Recalcati è bravo, ma a cinquant'anni di età conserva il difetto di leziosa vanità adolescenziale. Esprime una forma di intellettualismo apparentemente bonario perché apparentemente si dà. 
In verità vuole solo farsi apprezzare.


Grillo non è un fenomeno che può essere inscritto al già visto, al già programmato. Niente di tutto questo. ( Ripeto: sono ben lontano da avere pur lontane simpatie grilliste )

Sbaglia Recalcati quando ne dà una lettura di un "puro", di un Savonarola che purifica il mondo. Non è così.

Grillo è forte perché va forte proprio dei suoi peccati. Gli stessi peccati che non gli consentono di entrare in Parlamento, che lui autodenuncia e pone come emblema per una confessione pubblica: quella di accettare i limiti imposti dalla propria storia personale, prima di chiedere di far qualcosa per la Storia di tutti. Grillo ha la grande capacità di dire che il velo di idee, di parole-guida, di discorsi a suffragio di prospettive politiche, non c'è più. Contano gli atti materiali, bisogna guardare al caricaturale delle azioni svolte dalle persone chiamate a rappresentarci, infischiandocene totalmente delle ragioni di Stato o delle ragioni politiche necessitanti. 

Ed è proprio lo Stato - come forma, col complesso di burocrazia, rigidità, inadeguatezze a esprimere rappresentanza e decisionalità - l'obiettivo. Non semplicemente il governo. 

Sono queste caratteristiche a fare di Grillo un uomo libero. Libero perché libera e consapevole dei suoi legami col passato.

Ma si slaccia da gravami ideologici. Se ne infischia delle etichette di fascismo, di comunismo. Oggi è stato esaltante - e anche uno come me ha avuto un fremito - quando ha ricordato che è stato Stalin a battere Hitler, ha detto che senza Stalin noi avremo i tedeschi, sì, ma come dominatori militari. Che i soggetti politici germanici di oggi andrebbero in giro in divisa e con la svastica sul braccio. Era tempo che qualcuno avesse il coraggio di dire cose come queste. Di qui parlare di ritorno al purismo, di rapporto padre-figlio con Bersani, citando Philiph Roth, è semplicemente un errore.

Anche nel caso del propagandato streaming per le trattative Bersani-Grillo. Si è trattato di una vicenda tutta politica, ma per il Pd. Bersani aveva bisogno di questo passaggio, di questo bagno freddo per dire al suo elettorato: vedete? ce l'ho messa tutta, a costo di passare alla berlina degli italiani. Lui proprio non vuole, quindi debbo riferirmi a Berlusconi. Ma con ciò non riuscendo a evitare l'accostamento al fatto che sia Berlusconi che Bersani parlano il linguaggio ordinario della politica. Grillo che ne parla un altro. Uno nuovo. Lapidario e dittatoriale. (Forse!) Ma il nuovo è lui. Chi non capisce sbaglia. E sbagliando teoricamente si sbagliano gli obiettivi. E si perde. Come sempre, del resto. (Il pensiero sulla realtà deve sempre essere la realtà, evitando il rischio di auto-giubilarsi).