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05 febbraio '15 - narrazione
Coliandro e il coglione
La scissione celebrata tra la persona e il modello


Una storia non riesce mai a definire del tutto una persona. Tante storie, diverse storie, concorrono a farlo. L'ispettore Coliandro emerge quasi per caso da un combinato-disposto narrativo che lo porta agli onori della fiction. 

Nella crescita del personaggio ti accorgi che il paradigma della persona era già tutto chiaro fin dall'inizio. Carlo Lucarelli, nel dargli vita nella prima narrazione – Nikita – e nell'essere voce narrante del racconto, si lega alla dimensione del mito da cui non prescinde. Coliandro non riesce a diventare protagonista neanche col suo stesso autore. Ed è questo tratto marcatamente perdente a renderlo simpatico. Nel lessico, ma soprattutto nelle categorie mentali, sciorina i tropi classici del film d'azione americano: in testa a tutti l'Ispettore Callaghan, ma anche il Clint Eastwood di Sergio Leone. Ed è una scelta di campo. Non c'è James Bond, non c'è Matrix, né la saga di Mission Impossible. Probabilmente non è Coliandro a scegliere. E questo perché Coliandro è formato in questo modo, questi gli avanzi di formazione televisiva e questo inevitabilmente esprime il suo astrolabio mentale. 

Quindi, la prima scissione tra e mondo si configura più sentitamente tra il condensato del paradigma mentale emerso dalla cultura reazionaria dell'ispettore Callaghan e l'effettivo corso delle cose. 

Anche i più grandi eroi della fantasia narrativa come James Bond conoscono una scissione tra e il mondo delle proprie pulsioni, i sentimenti, le pulsioni governate. Coliandro non ha questa scissione perché è il prodotto di una cultura televisiva e cinematografica specifica. 

I problemi di comprensione con gli altri derivano tutti da qui. Lui vive in un mondo icastico, dove le esperienze professionali si inquadrano nei significati cesellati in cognizioni chiare e distinte. 

Le sfumature non esistono. E se non esistono in Callaghan, non esistono nemmeno in Coliandro che vuole essere il suo migliore epigono. Ma il problema del personaggio che insegue un altro personaggio sussiste anche nella composizione della sua figura.

Coliandro da solo non può essere. Ha bisogno del “due”. (L'assonanza di Coliandro parla chiaro). E il “due” è può indicarsi nel suo Sancho Panza, l'ispettore Gargiulo. 

Ma anche questa rappresentazione è insufficiente perché la dimensione del "due" - intese come persone - non soddisfa l'individualismo di Coliandro. Tantomeno, quindi, “il due” può essere una donna. Altre ipotesi nell'impostazione omofoba del personaggio si escludono a priori. Chi fatica a diventare protagonista può solo subire la vicinanza di una “lei”. E in effetti così è con Nikita e costantemente avviene con la supremazia opprimente del sostituto procuratore, la dottoressa Longhi. 

No! Il "due" di Coliandro è la sua pistola. E non si facciano prevedibili riferimenti fallici. In effetti vorrebbe essere una Smith & Wessons dell'ispettore Callaghan e invece è la modesta pistola di ordinanza. Ma non sarebbe ancora questo il problema. Il fatto è che in ogni azione Coliandro la perde la pistola, gli scivola di mano, viene disarmato, gliela rubano, è lì vicino ma nell'impossibilità di muoversi, non può recuperarla. Un "due" effettivamente incompiuto. E qui il dramma incompreso dell'ispettore che non scivola nella stigma del lettore proprio in virtù del suo limitato corredo etico. Potendolo condividere e giudicare, il lettore assolve Coliandro dall'epigrafe di razzista, reazionario e imbelle. 

Sono caratteristiche sicuramente sue, ma l'ispettore si riscatta col candore della loro esibizione comportamentale. Se incontrassimo un Coliandro lo detesteremmo, lo denunceremmo, lo emargineremmo. E questo, in effetti, fa il mondo che incontra in narrativa. Ma il riscatto col lettore arriva attraverso il candore della sua espressione. Il suo incanto e la scoperta del vero attraverso "il caso" a fargli trovare “il due”. 

Il lettore consiste in quel "due". Solo che non lo sa. E si tranquillizza per il fatto che per "essere Coliandro", effettivamente, non si debba necessariamente essere in due. 

Il paradosso ossessivo di Coliandro consiste nel fatto che la sua figura è tale solo perché così da noi percepita. Coliandro probabilmente non si percepisce come noi lo leggiamo attraverso Carlo Lucarelli. Forse è anche tante cose ancora. Ma non lo sapremo mai. E l'ossessività del paradosso in fondo non è importante. Non solo. Questa condizione di Coliandro è la condizione di ciascuno. Solo che ciascuno spera di non essere un coglione. Proprio come Coliandro.


Carlo Lucarelli, L'ispettore Coliandro, Einaudi 2009, pagg. 334, Euro 14