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29 giugno '15 - cristianità
LAUDATO FRANCESCO
La nuova enciclica surrettiziamente propone un nuovo primato della Chiesa come autorità morale sulle grandi scelte. Prime fra tutte quelle riguardanti l'ambiente e la tutela della terra.


È l'immagine di una cristianità inquieta quella che appare nell'enciclica di Papa Francesco. Il ragionamento di Bergoglio prende le mosse proprio dalle risultanze della scienza per cui il nostro pianeta è deprivato delle sue sorgenti materiali di vita attraverso un uso sperperato da parte dell'uomo. Il punto di partenza, quindi, non è l'auto-evidenza. Bensì il dato che si pone come acquisito dalla ricerca scientifica. Inserisce quindi una novità sostanziale. La scienza di pone come base per una riflessione alla quale la cristianità del ventunesimo secolo si deve sottoporre. Ma i risultati di questa condizione sono proprio nel mondo della tecnologia e della concezione individualistica del profitto ad averceli imposti. Quindi quello che la scienza pone oggi, come base si riflessione mettendoci davanti ad alcune more per l'uso delle risorse, è la scienza stessa ad averlo promosso. (Chiaramente sono i rischi di forme di ragionamento che massimizzano luoghi di pensiero e responsabilità generalissime). 

Ma è la scienza dalla quale si apprende il dato di partenza dell'impoverimento del pianeta (peraltro discusso in altre sedi scientifiche) ad avere la responsabilità principale che però, sempre Papa Francesco, non vede. Attraverso il metodo analitico e sperimentale rappresentato dalla scienza l'uomo nel Seicento si è posto per la prima volta come “dominator et possessor mundi”. Ed è questa visione che bisogna superare. Afferma perentorio Bergoglio. “ La terra ci precede e ci è stata data. Ciò consente di rispondere a un'accusa lanciata contro il pensiero ebraico-cristiano: è stato detto che, a partire dal racconto della Genesi che invita a soggiogare la terra (cfr Gen 1, 28), verrebbe favorito lo sfruttamento selvaggio della natura presentando un'immagine dell'essere umano come dominatore e distruttore. Questa non è la corretta interpretazione della Bibbia come la intende la Chiesa” (pag.77). L'aver perso la bussola da parte dell'umanità implica un nuovo ruolo della Chiesa. Del resto, forse il ruolo costante di Santa madre chiesa in duemila anni è sempre stato questo. “Ogni epoca tende a sviluppare una scarsa autocoscienza dei propri limiti” (pag. 106). A ben guardare è proprio il vizio originario di operare muovendo dalla sua voglia di dominio nei confronti delle cose del mondo a dover essere regolata. “L'essere umano non è pienamente autonomo. La sua libertà si ammala quando si consegna alle forze cieche dell'inconscio, dei bisogni immediati, dell'egoismo, della violenza brutale” (pag.106).

La regola è stata data una meccanismo opprimente e schiacciante che vede nella modalità della tecnologia l'unico imperativo possibile. “Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull'economia e sulla politica. L'economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l'essere umano” (pag. 109). Il problema è però il ritardo col quale si arriva a questa determinazione.

 - Bergoglio non ha capito che la visione tecnica della realtà ha penetrato concezioni e cose. La tecnica è diventata il nostro ambiente, il nostro luogo di abitazione. Soprattutto è diventato il soggetto della storia. Non è più l’uomo il soggetto della storia, ma lo è diventato la tecnica. L’uomo è diventato il funzionario degli apparati tecnici a cui appartiene. Ed è quindi qualcosa di molto più profondo delle evidenze offerte dalle sconfitte rappresentate in una pessima cultura dell'ambiente e dell'estetica - 

“Se l'architettura riflette lo spirito di un'epoca, le megastrutture e le case in serie esprimono lo spirito della tecnica globalizzata, in cui la permanente novità dei prodotti si unisce a una pesante noia” (pag. 113).

La risposta a questo grande male riguardante la nostra fase storica, quindi l'intero della collettività non può arrivare però da nuove ideologie che intendono abbracciare il nuovo spirito della comunità.

“L'atteggiamento fondamentale di auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l'autoreferenzialità, è la radice che rende possibile ogni cura per gli altri e per l'ambiente, e fa scaturire la reazione morale di considerare l'impatto provocato da ogni azione e da ogni azione e da ogni decisione personale al di fuori di sé” (pag. 183).

Chiaramente però la risposta non può esser affidata agli uomini presi ciascuno nella loro singolarità. Come ha detto Benedetto XVI che a sua volta cita Giovanni XXIII: “per garantire la salvaguardia dell'ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale” (pag. 159). Questo perché la politica da sola non può essere sufficiente. “La politica e l'economia tendono a incolparsi reciprocamente per quanto riguarda la povertà e il degrado ambientale. Ma quello che ci si attende è che riconoscano i propri errori e trovino forme di interazione orientate al bene comune” (pag. 175).

Bergoglio scende anche nei particolari. “Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti – specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas – deve essere sostituita progressivamente e senza indugio. IN attesa di un ampio sviluppo delle energie rinnovabili, che dovrebbe già essere cominciato, è legittimo optare per il male minore o ricorrere a soluzioni transitorie. Tuttavia nella comunità internazionale non si raggiungono accordi adeguati circa la responsabilità di coloro che devono sopportare i costi maggiori della transizione energetica” (pag. 152).

Quindi chi potrebbe governare questa grande fase di scelte informate della salvaguardia dell'ambiente? Non la politica, perché ha dimostrato inadeguatezza verso l'economia e la tecnocrazia. Non la scienza perché ha inventato il paradigma dell'uomo come dominator e possessor mundi di cui oggi ci dobbiamo liberare. Non davvero il mondo della tecnica capace di parcellizzare e tradurre in numeri risorse, qualità, valori, bellezze, sulle quali deve soffermarsi la nuova riflessione del credente. (Bergoglio parla di credenti, non semplicemente di cristiani). E allora riprendere proprio lo spirito di Francesco D'Assisi e respirare intensamente il suo cantico Laudato si riporta al fondamento della spiritualità cristiana che il mondo dei credenti rischiava di smarrire. Fare questo implica abbracciare la disponibilità ad avere meno ma avere meglio, più intensamente, con maggiore partecipazione di esser qualcosa nel mondo, nella natura. Qualcosa di transitorio che nella sua transitorietà deve restituire l'integrità della natura di cui è parte alla natura stessa. Non prospetta esplicitamente la decrescita felice, ma, certo, qualcosa di molto molto simile.


( Le citazioni sono espunte dall'Enciclica di Papa Francesco Laudato Sì, edizioni San Paolo, 2015, pagg. 211)