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19 luglio '15 - partito
La democrazia in un twitt
Altro pezzo di propaganda da parte di Matteo Renzi all'assemblea del Pd del 18 luglio


Dal 2016 via la tassa sulla prima casa”. Lo dice Renzi. “Interventi a tutto tondo nel giro dei prossimi tre anni, dal fisco alle pensioni. Tagli delle tasse per 45 miliardi per una riduzione fiscale in cinque anni”. Lo dice sempre Renzi. E non sono gli abstract di cartelle per il programma di governo. Sono twitt in cui sintetizza il discorso all'assemblea di partito conclusasi il 18 luglio che dovrebbe risolvere questioni pesanti, come il governo del partito nei vari territori.

A Roma c'è stata la richiesta di dimissioni al sindaco Marino, ma nessuno ne parla più. In Sicilia ci sono le presunte intercettazioni di Crocetta. Ma sempre in Sicilia la condizione di insostenibilità di governo della Regione appare evidente. Il presidente in crisi ha cambiato più assessori (30) che camicie. 

Si dovrebbe imporre la modifica del funzionamento nel partito tra centro e poteri locali. Ma la soluzione pensata è nel senso di accentrare ulteriormente. Il Segretario del partito potrà sciogliere gli organismi locali, motu proprio, abbattendo le resistenze del territorio.

Tendenza pericolosa che manda a benedire l'idea di democrazia come partecipazione organizzata alle decisioni che riguardano la collettività. Muore il partito come intellettuale collettivo. Muore la sede di dibattito – non semplicemente discussione – come fase primaria e formativa delle decisioni. Muore il senso del corpus del popolo, la base sostanziale dalla quale far emergere capacità, intelligenze, nuovi talenti. In altri termini il partito democratico potrebbe decretare la morte della democrazia visto che se queste stesse funzioni erano state precedentemente personificate da Silvio Berlusconi nessuno poteva battere ciglio. Sua l'idea padronale di partito, suo il significato di occupazione personale della cosa pubblica. D'altra parte, però, c'era una visione altra. Una visione che – attenzione! - era rappresentata anche dalla destra radicata nei territori. Destra che dopo la chiusura di An non esiste più rimanendo relegata a una formazione di volitivi duri e puri (Fratelli d'Italia). La forte speranza restava a sinistra. Ma anche qui le illusioni si svelano come tali.

La risposta e la conferma a questo stato si raffigura nella costante uscita di quadri dal partito. Ed è come se ci fosse un ladro che anche in pieno giorno li prende e li porta via, questi quadri, nell'incuria di chi dovrebbe controllare.

Umorismo a parte, con questa costante emorragia di persone non si fa che evidenziare la mancanza del sistema partito, quindi la sua messa in evidenza di struttura formata da un aggregato di piccoli e grandi comitati elettorali composti dai singoli personaggi - piccoli o grandi.

Non ha quindi prospettiva né senso lasciare un partito per il nulla eterno che c'è al di qua e al di là da questo. Nemmeno per quanto riguarda l'altro fronte. Nemmeno per quanto riguarda piccoli partiti satellite.

E allora per tutti questi personaggi l'uscita dal partito segna solo un fatto privato: la salvaguarda di sé stessi e della propria onorabilità rispetto al contesto in cui l'esponente si trova e di cui deve comunque dare conto.

Questa uscita, quindi, è in coerenza alla forma-partito costruita. In un partito che è la composizione di comitati elettorali, è comprensibile che qualche comitato elettorale - piccolo o grande che sia - fugga via perché non riesce a tenere botta oppure perché non ha un corrispettivo morale al fatturato politico che ritiene di esprimere.

Non sono mosso da particolare commozione quando leggo di queste uscite. Non mi aggiungono e non mi tolgono nulla alla realtà, così come la conosciamo.

Affermano, semmai, la morte della politica. La morte della politica come progetto condiviso. La morte del politico come soggetto organizzato dentro il quale sono inevitabili infinite mediazioni e altrettanti compromessi.

Sentire che tutto questo deriva dall'insostenibilità della riforma nella pubblica istruzione, mi fa proprio ridere. In Italia oggi non esiste pubblica istruzione. Non esiste sistema formativo. Esiste solo una corporazione di docenti che a livello sindacale ha tenuto sotto scacco il Pci-Pds-Ds-Pd. Non sono nulla, non garantiscono nulla. Né famiglie né studenti sono disponibili e spendersi in qualche modo per loro e questo perché il sistema formativo nel nostro paese non ha dato nulla alle generazioni che si sono avvicendate negli ultimi quaranta anni. (Sì, compresa la nostra). E allora il loro pacchetto di duecentomila voti effettivi li faranno mancare. "E pazienza! - Dirà tra sé e sé Renzi. Come dargli torto? - Questa gente non è stata mai con noi, ma solo coi loro interessi corporativi". 

Ma la cosa che fa più ridere (o piangere, dipende dallo stato d'umore) è che hanno votato senza battere ciglio una riforma del sistema elettorale che fa scandalo e schifo, che assassina la democrazia. E lì? Lì va bene tutto! Che ci frega? Tanto nessuna corporazione o micro-classe sociale viene intaccata. Polemica che va bene per i talk show dove si dice tutto e il contrario di tutto.

E allora? Evviva! Facciamogli ciucciare questo sistema di nomina della classe di governo ad hoc. 'Tanto non è importante governare oggi, tanto è importante assicurarsi che governeremo domani'.