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11 gennaio '16 - David Bowie
La diversa spazialità se l'è ripreso
Con lui ci siamo immaginati eroi per un solo giorno


Si dice che un artista non muore mai. Si dice anche che la sua arte accompagni sempre l'umanità. Quindi è questo il destino luminoso che lo distingue da una vita normale e giustifica tante asprezze sopportante in vita per raggiungere il suo meglio.
Dire ciò per David Bowie sarà più difficile che per altri artisti della contemporaneità. Quale figure terremo con noi più care? Ziggy Stardust, l'alieno, il Duca bianco, il novello Lord Byron ...  Saremo noi a decidere. Sarà la storia a fare selezione e ripulitura. A figli dei figli resterà la figura che dirà a loro qualcosa, anche a distanza di anni. Noi ci terremo stretta quella più vicina alla nostra personale storia. E probabilmente quando ricorderemo le sue res gestae musicali e comunicative ci accorgeremo di parlare di artisti diversi perché pensare a Bowie è riferirsi ad artisti diversi. Pare che in lui ci fosse l'animus che altera la realtà comunemente percepita, uno stato diverso di recepire il mondo, di non capire la latitudine delle cose comuni, di non riconoscere il tempo - nel senso del cronos - come qualcosa che lo investisse. Pare non riuscisse a intuire i pericoli della vita. Affrontando tutto con estrema leggerezza, era come se non fosse mai propriamente coinvolto dalle cose. Così nei testi e nelle dichiarazioni. In una canzone, nel '75, nel disco Young Americans parla di ritorno di Hitler come di un personaggio storico tra i tanti. In un'intervista, sempre in quei tempi, lo definisce come "la prima rock star" accollandosi giustamente polemiche e astio. Sempre a metà anni Settanta dichiara che in Inghilterra c'è bisogno di una svolta di destra e la storia gli avrebbe dato ragione, anche se la destra liberista non è esattamente quella legata al mito che si fa storia a cui si riferiva.
Al di là di questi momenti che avrebbero spazzato via l'immagine di chiunque, alla base, bisognerebbe tener ferma la sua ineguagliabile capacità percettiva di capire il momento e saperlo anticipare. 
David Bowie in effetti non ha inventato nulla. 
Ha anticipato ciò che era in essere. Si è preso lo sfizio di esser stato il primo per poi entrare in un'altra storia. E' successo nel '70 quando con Space Oddity ha ripreso il melodico opponendosi all'ultimo grido di rock con suoni distorti. Nel '73 risolleva il rock che tutti davano per morente con Ziggy StardustQuindi si dimette! Al pieno del successo internazionale annuncia l'addio alle scene. Ritorna. Si inventa Rebel Rebel in quel capolavoro visionario e futuribile che è il disco Diamond Dogs dove riprende 1984 di George Orwell, dimostrando ai Rolling Stones che il rock'n roll era una strada che si poteva ancora battere senza scivolare nel Pop o nel Rithm' n' Blues. Ma anche questa maschera manda alle ortiche! Lo ritroviamo con capelli corti, biondi o rossicci. Sembra un personaggio uscito da un romanzo di Scott Fitzgerald. Vestito in modo borghese e inappuntabile. Esce il disco Station to station ed è un altro capolavoro saccheggiato dalla New Wave. Ma il suo sguardo è assente. Distaccato. Veste i panni dell'alieno in L'uomo che cadde sulla Terra. Ruolo che gli spetta per aver tematizzato più volte lo spazio nei suoi testi (Space oddity, Life on Mars?). Non sa recitare. Non ha mai imparato. Ma del resto come potrebbe? Troppo mutevole nei suoi stessi panni per accettare di vestire quelli di un'altra maschera. Ma la sua freddezza attoriale funziona ancora meglio. Il film riscontra un notevole successo, nonostante sia mediocre nei dialoghi, nella scenografia e per come è sostenuta la narrazione. Ma questi panni non durano a lungo. Coi suoi ricettori Bowie capisce che l'atmosfera sta cambiando nel mondo: i giovani anelano a un protagonismo ma rinunciano a partecipare alla vita attiva della società, sia in forma integrata sia nei termini della contestazione. E' l'età del Punk. Esce Heroes: poesia in un tappeto sonoro congegnato da Robert Fripp. Bowie spopola. Il brano è preso come colonna sonora del film Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino che racconta delle esperienze borderline di Cristiana F. Nella storia del cinema resterà solo la scena in cui Cristiana e altri entrano in un centro commerciale per sfasciare, rubare, fare un atto estremo. Il capolavoro insuperato nella sua storia musicale arriva proprio su queste suggestioni: Lodger. Qui Bowie spazia. Orientaleggia. Ritorna sui temi della decadenza, va su temi semplici, esplode con un combinato disposto di chitarra, batteria e basso da far sobbalzare i più grandi della sua generazione. Di qui il silenzio. La riemersione arriva su temi facili, di facile presa col pubblico. Siamo in età di riflusso. Le grandi proiezioni verso l'impossibile, come voluto, sono consegnate alla storia. E Bowie sta già oltre. Entra nel fantasy col film Labirinth. Veste nuovamente i panni dell'attore in una parte dell'eroe indomito in Furyo. Ma lui non è un attore. E forse lo sa. E per questo anche qui funziona. L'eroismo in un campo di prigionia militare giapponese è consentito solo a un alieno. Il comportamento di David Bowie è sempre fuori sintonia col mondo esterno quindi funziona come alieno, ma nel senso di distaccato dal contesto di intimidazione e violenza inscenato nella narrazione. Da metà anni Ottanta un continuo gioco di apparizioni e scomparse. Dischi belli, meno belli e silenzi. Fin quando nel '93 un altro capolavoro lascia tutti sol culo per terra. Black tie white noise. L'apertura con campane e basso recita un nuovo capitolo nel progressive che si pensava defunto. La sua phonè recitante si predispone ad affrescare tappeti sonori in cui protagonista è la tromba. Come al solito è avanti. Ma stavolta nessuno lo segue. Innumerevoli le nuove incursioni con nuovi dischi, negli anni Novanta e Duemila. Di certo non può continuare a gestire il ruolo di avanguardia, ma ogni volta spiazza. L'ultima è nel video dove appare con Tilda Swinton alle prese con le diverse figure inventate nella sua espressione artistica. IL brano si intitola Stars (Are out tonight). Dentro c'è il condensato della sua espressione di artista: le stelle, la voglia di uscire dai ruoli e i ruoli che ti inseguono, la parte femminile o la parte maschile della precedente, la notte, la responsabilità per gli epigoni. Bowie è uscito da un infarto nessuno sapeva che stava combattendo contro un cancro. Black star l'ultimo brano uscito in questi giorni. C'è una percezione di morte. Viene trasmesso in anteprima su circuiti riservati quasi ci fosse ansia per il riscontro col pubblico.
Riservata non è riuscita ad essere la morte. Irrompe inevitabilmente. Ma non può far nulla contro il genus, inteso come genere, come filone di vita, come esempio da continuare. Ed è così che sicuramente continuerà ad accompagnare le generazioni nella storia dell'umanità.