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21 febbraio '16 - Umberto Eco
Eco, haec!
" Sono solo parole "


Ho sempre voluto bene a Umberto Eco e lo considero ancora mio maestro. Ritengo però che il più grande tributo che si può dare a una personalità di grande spessore intellettuale sia quello di riproporre le sue effettive qualità e ricollocarlo nel ruolo e negli effettivi meriti per cui tutti dobbiamo ringraziarlo.

E allora, tanto per sgombrare il campo, Umberto Eco è stato un immenso medievalista. Nello specifico, i suoi studi su Tommaso d'Aquino rimarranno nella letteratura. Ha avuto infatti il merito di valutare il grande teologo scolastico nella sua capacità di interpretare la conoscenza come un sapere costantemente diveniente, tanto da farcelo apprezzare come un maestro fortemente anticipatore. Tutto questo si legge su IL problema estetico in Tommaso d'Aquino.

In questa opera troviamo un Tommaso d'Aquino sorprendente. “Homo delectatur in ipsa pulchritudine sensibilium” (S.Th. 1, 91, ad 3). C'è un rapporto tra l'uomo e la bellezza. Ma il rapporto all'uomo è costitutivo della bellezza? La bellezza è un'entità ontologicamente sussistente la quale, colta dall'uomo, ha la capacità di arrecargli un godimento, oppure la cosa si presenta come “bella” solo quando l'uomo la coglie con un qualificato senso di godimento? (in IL problema estetico in Tommaso d'Aquino, ed. Bompiani, pag.73).

In questo saggio pubblicato nel 1956 Umberto Eco riporta il pensiero di Tommaso portandolo all'attenzione nell'asciutta modernità l'immensità di questo autore che sarebbe riduttivo definirlo semplicemente teologo della Scolastica. Lo stesso fece per molti protagonisti della ricerca speculativa nel Medioevo.

Tutto questo è sufficiente per considerare Umberto Eco un immenso intellettuale che il mondo ci ha inviato.

Detto questo la montagna di pubblicazioni, saggi, saggi brevi, bustine di Minerva, esternazioni libere pubblicate con grande generosità e che l'hanno reso una personalità assoluta dovrebbero essere considerate nel loro grado di effettiva estemporaneità, quindi anche di assoluta pochezza intellettuale.

Dobbiamo avere la serenità di dire che quando ha parlato di politica e costumi sociali Umberto ha raccolto una serie di sciocchezze. E purtroppo nei giorni dei suoi necrologi sono queste ad essere ricordate come esempio fulgido del suo intellettualismo.

Il suo ego nell'esser salace su molte manifestazioni innocue ha contratto solo sconfitte. Non si ricorda abbastanza il cattivo gusto nelle stilettate ferali sul cretinismo da Mike Buongiorno. Nella storia sociale del nostro paese invece Mike ha prevalso come esempio di stile, correttezza, riferimento elementare di meritocrazia.

In Apocalittici e integrati ha fatto a pezzi la letteratura popolare smascherandone riferimenti non citati, trucchi per compiacere il gusto popolare, piccole furbizie. E invece questo genere si è affermato ponendosi come autentico genere letterario, con una sua dignità, superando ogni inutile confronto gerarchico con la letteratura elevata. Sempre di Umberto Eco la polemica scomposta contro Benedetto XVI, non capendone i presupposti filologici legati all'affermazione dell'identità raccolta del cristianesimo come occasione per la riflessione sul suo mistero e la sua necessità. Secondo il semiologo Umberto Eco tutto era riferibile a un problema di esegesi, senza il quale tutto diventa paccottiglia. Una disattenzione verso il mondo dei credenti degno solo di una santa inquisizione rovesciata.

Si unì alla paccottiglia polemica contro Berlusconi, come se ci fosse bisogno di un polemista di livello per alzare il tiro contro l'uomo politico più bersagliato della storia italiana. Sempre in tema di senso comune ha riferito il mondo della rete come gravido di cretinate. Non c'era bisogno di Umberto Eco per un pronunciamento sulle molte sciocchezze ravvisabili in rete. Ma dire rete è dire nulla. Il mondo di internet viaggia sui due miliardi di siti. Come poter definire o dare titoli?

Considerava se stesso ed era considerato un oracolo. Invece ebbe il torto di non capire il contesto e la fase storica. Emblematico il momento in cui si consumò la frattura tra il mondo dell'impresa e l'odiato Berlusconi. Emma Marcegaglia in assemblea della Confindustria disse: "gli imprenditori vanno a dormire presto la sera e si svegliano presto per lavorare". Così marcava la differenza genetica con il premier inquisito per il bunga bunga. Eco rispondendo solo al suo ego invece intervenne dicendo che invece lui andava a dormire tardi perché leggeva Kant.

In somma, a dispetto dei suoi convincimenti, un uomo che non è riuscito mai a vivere il suo contesto storico non capendone le dinamiche. Ricordiamo il manifesto di intellettuali contro il commissario Calabresi che lui firmò. In quel tempo questo significava una messa al bando con quello che ne conseguì.

Molto citata la frase per cui un buon lettore vive tante vite invece di vivere solo la sua. Bella frase, ma ha una risposta. Anzi ne ha due. Le vite che si vivono attraverso le letture sono inautentiche. Non si tratta di vita ma di una proiezione della stessa. Seconda obiezione: l'immergersi in letture per dimensionarsi in altre vite significa aver paura della vita reale. Non capisco come questa ennesima stronzata di Umberto Eco (per altro mio maestro e persona a cui ero sinceramente affezionato) sia così vulgata.

Di lui restano una valanga di pubblicazioni sulla semiologia. Ma, anche queste rispondono a una moda di quei maledetti anni Settanta gravidi di ideologia nascosta, di sociologismo, di piani dialettici in cui il soggetto sociale era al primo posto. E invece le neuroscienze hanno ribaltato questa concezione riportando in auge il tanto bistrattato, in Italia, Noam Chomsky assertore della generatività del linguaggio.

In sostanza il lascito di Umberto consiste più nella sua forza morale che lo pone come esempio vivido per non mollare mai nella ricerca e nella polemica. Ritenere il mondo casa propria e l'affermazione del proprio pensiero in contrasto ma anche in condivisione con gli altri. In un'Italia piena di complessi di inferiorità ad inizio anni Sessanta il suo esempio fu sicuramente un incoraggiamento a un esercito di intellettuali in erba. E questo non solo nelle professioni intellettuali. Tanto e soprattutto in un mondo variegato dove la discussione era il centro della vita. Moduli comportamentali totalmente decaduti nell'effettività del confronto dei nostri tempi formato da frasi epigrammatiche dove l'hashtag è il pilastro imprescindibile sul quale costruire ' soggettopredicatoverbo '. E a volte su una di queste tre figure si può soprassedere senza nemmeno sottintenderla.