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07 novembre '17 - Stalin-Trockji
Cento anni
Ma li ha vissuti la rivoluzione russa? Oppure dobbiamo festeggiare i suoi sopravvissuti?


"La rivoluzione non russa". Ma dorme di certo. A cento anni dalla conquista del Palazzo d’Inverno nulla è rimasto dell’utopia comunista. Tanto meno sopravvive l’idea che la Storia possa conoscere delle accelerazioni. Cancellato il convincimento per cui il cambiamento repentino dello stato delle cose possa dare emancipazione a una classe sociale sottomessa o a un popolo. Ma a smarrirsi è anche il percorso per cui i cambiamenti vanno maturati e sofferti in un processo mediato e meditato. Oggi dell’idea di cambiare il mondo non è rimasto nemmeno un convincimento pallido.

Davanti al miraggio del cambiamento viene messa in sordina la sofferenza di coloro che ne dovettero subire gli esiti, a cominciare dai diretti promotori di questo grande movimento. Primo tra questi, il più visionario dei rivoluzionari comunisti, Lev Trockij, assassinato in Messico dai killer di Stalin. E con lui tante vittime delle purghe staliniane, incalcolabili gli intellettuali dissidenti (non antagonisti né oppositori strenui, ma dissidenti) spediti nei manicomi o in Siberia, in quelle che furono chiamate le purghe staliniane. Inesorabili i plotoni di esecuzione che non ebbero pietà per la famiglia detronizzata dello zar di Russia. Tutto questo rimane come “lacrime nella pioggia”, in onore al detto staliniano per cui: “la morte di una persona è una tragedia umana, la morte di centinaia di persone un dato statistico”.  

Nondimeno, si potrebbe annoverare la Rivoluzione russa come l’evento che ha cambiato il mondo: più della Rivoluzione francese, perché ne ha determinato gli eventi nella Storia in modo decisivo caratterizzandosi come il cascame di fatti rivoluzionari che si moltiplicano. Il mondo ha conosciuto la realtà di una rivoluzione comunista che stavolta non era confinata all’episodico e non si era arenata nell’esplosione interna di individualismi. La Rivoluzione russa dimostrava che il comunismo non era solo possibile, era una realtà in compimento. Non la rivolta spartachista, nemmeno solo il Tumulto di Ciompi, tantomeno il governo di Masaniello, ma qualcosa di forte ed espansivo sul quale il proletariato doveva prendere le mosse per iniziare altrettante strategie rivoluzionarie. La borghesia nei diversi paesi capitalisti ne ebbe paura. Ne impresse, così, una reazione uguale ed opposta contro quel collettivismo esasperato, verso l'idolatria del partito sovrano assoluto ma collettivo. Avvenne così la venuta meno del liberalismo: il problema non era più affermare la libera iniziativa ma difendere la proprietà. E per questo, se necessario, ci sarebbe voluto anche un governo militare. 

 - Nasce militarismo e fascismo. Si deve fronteggiare l’armata russa che prende sempre più potere. Emblematica l’indecisione di Winston Churchill a muovere guerra alla Germania nazista perché dall’altra parte c’è un nemico ancora più potente che può determinare la fine di un mondo

Ma la novità nella Storia è che questo nemico, davanti al misticismo della razza e al militarismo arrembante, dette dimostrazione di saper scendere a patti. Il nemico comune fu vinto nella seconda guerra mondiale. Ma con questa vittoria si affermò il sorpasso del metodo militare su quello politico: il governo di un popolo in un territorio si conquista esportando un modello di vita, ancorché un sistema di potere. Vale per capitalisti e comunisti. Di qui, gli americani esportano democrazia e merci. Di qui, le invasioni di Ungheria e Cecoslovacchia. 

Ma, anche così, soprattutto così, il modello del capitalismo di stato per abbattere lo stato capitalista, non poteva durare a lungo. Le incongruità non potevano governarsi con la repressione interna e con l’egemonia territoriale. IL mondo capitalista aveva l'affabulazione del mondo delle merci da vendere. Il consumismo faceva sognare un mondo bello nel quale affermarsi. Cosa offriva il modello del socialismo reale? La collettivizzazione? La riduzione del soggetto sociale a pura collettività? La sovranità assoluta del partito? 

Eppure la chimera del socialismo reale ebbe molti epigoni, ma non durò a lungo. Aldilà dell'antagonismo edipico al mondo dei padri nel quale caddero tanti giovani della borghesia occidentale, il socialismo reale sovietico non aveva nulla da offrire. Ben presto se ne accorsero tutti.

Ma bisogna anche ammettere che il socialismo reale è stato un modello nel mondo: la traduzione del pensiero marxista in realtà nazionale mieteva, al di là dell’assoggettamento imposto dalla Russia. Nasceva la Rivoluzione popolare cinese e dopo la Rivoluzione culturale, si affermava il socialismo a Cuba. Ma erano realtà che non ne volevano sapere dell’egemonia Russa. IL cappello voluto e imposto da Stalin era saltato. La Cina ad inizio anni Settanta mostrava di saper fare accordi commerciali coi nemici capitalisti e Cuba, garantendo agli Usa la totale autonomia, riusciva a tenersi in piedi nonostante l’embargo.

IL crollo dell’impero russo in cui il socialismo reale aveva imbavagliato ogni spinta individuale crollava per essere una burocrazia incapace a rispondere ai tempi più veloci dell’economia globale. Non c’era avallo concettuale che potesse ancora tenere in piedi la divisione in due di Berlino, costantemente occupata con un governo collaborazionista coi sovietici che si erano garantiti una parte del territorio tedesco come bottino di guerra. L’emorragia di menti pensanti, di  risorse umane ed economiche per tenere in piedi quel che non stava in piedi, fermava l'evoluzione del socialismo reale. L'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche rispondeva a uno stato sempre più imbalsamato. Coi mercati che premevano da ogni parte l’unica cosa che teneva in piedi quella forma di dirigismo era l’immenso arsenale bellico ed anche quello segnava il passo dei tempi.

La rivoluzione russa è capitolata assai prima della fine della cosiddetta spinta propulsiva che, se c’è stata, è durata molto poco. Appena la repressione si è caratterizzata come l’espressione più vera del socialismo reale, appena l’industria si è mostrata incapace a rispondere alle richieste del resto del mondo capitalista, quella rivoluzione si è mostrata come impalcatura auto-erogativa di principi sempre più sterili e al di fuori del mondo.

Ma a farne le spese è stata l’idea stessa di comunismo che surrettiziamente ha sempre covato nella Storia umana. IL socialismo reale sovietico ha ammazzato tre grandi idee: 

1) che fosse praticabile un mondo emancipato dalla moneta; 

2) che fosse alla portata un mondo senza il senso di proprietà e senza la proprietà vera e propria; 

3) che fosse auspicabile un mondo liberato dai meccanismi produzione-vendita e dalla contraddizione prodotto e lavoro alienato.

IL primo cadavere prodotto dalla Rivoluzione russa è proprio l’idea di comunismo. Tanto che non si capisce bene cosa abbiano da commemorare i comunistelli di oggi che guardano a certi fenomeni in poltrona, davanti agli smart, ai teleschermi e a consolatorie rammemorazioni storiche.