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22 luglio '20 - Semiotica
Recovery Fund
Placare gli entusiasmi. C'è da lavorare. E i dolori cominciano adesso: fare lobbing e alleanze in Europa


Non capisco l'entusiasmo. La vox comune: "è nata finalmente lEuropa!" E nessuno conta che il finanziamento che parte dal 2021 arrivano da fiscalità comune. La notizia è che questa forma è un inedito. Ma ancora non ne conosciamo gli effetti e c'è da avere più di qualche circospezione nel capire veramente la caratteristica di questi finanziamenti ancora da esplorare. Le condizioni ci sono. Guardano alla destinazione. Guardano alle riforme che dobbiamo fare. E qui si arriva al nostro vulnus. Perché l'Italia dopo anni e anni che se ne discute non ha fatto la riforma dell'amministrazione della giustizia? Perché non si è dotata di infrastrutture ma invece i ponti cadono? Perché non ha effettuato l'azzeramento di passaggi obbligati in normali procedure? Perché non ha fortemente ridotto la giustizia amministrativa? Perché non ha tolto le sedi decisionali tra il governo centrale e l'unica forma di governo locale? ... Sono pesi come un macigno che ci impediscono di pre-tendere nei contesti europei. Ma il fatto che qualcuno ce lo debba chiedere dall'alto della sua posizione di creditore che dovrebbe invigilarci sul fatto che la nostra autonomia l'abbiamo già perso. IL dibattito politico in Italia è teatro, recita a soggetto. Gli interessi reali, i portatori di interessi stanno altrove. E il soggetto si ripete oggi. Reinterpretato, nuovi attori, nuova compagnia, ma stessa scrittura di scena. Anche stavolta saremo intrappolati in un equilibrio impossibile da sostenere tra bassa produttività e pesante dipendenza dai finanziamenti esterni. Dovremmo preoccuparci del fatto che il governo sta gestendo l'emergenza economica - nazionalizzazioni, cassa integrazione a 360 gradi e divieto di licenziamento - in modo pedestre. c'è più di una ragione per essere preoccupati. E poi in questa erogazione di fondi possibili - perché determinati sulla base dei progetti reali - c'è una contraddizione. Stabiliti sulla base del PIL, le erogazioni saranno relative alle missioni: ambiente, coesione, sostegno alle economie in crisi. Quindi il tetto è determinato dalla fotografia reale ma i contributi arriveranno sulla capacità di imprendere, di progettare, di individuare i momenti di crisi su temi specifici. IL criterio di elargizione è completamente opposto ai bisogni reali che possono esprimersi solo dove c'è qualità e freschezza nella capacità di pensare il nuovo. E perché non poteva essere solo quello il criterio? Tante iniziative, ciascuna valutabile, senza stabilire un tetto che darebbe modo ad una falsa equanime distribuzione? Dove arriveranno questi soldi? Sicuramente più a nord d'Italia. E non solo perché la cultura della crescita sarà lì direzionata bensì perché a nord sono i poli in cui gravitano gli interessi più forti. L'aggiudicazione di queste risorse potrebbe quindi segnare il pericolo delle realtà che se le aggiudicano con maggiore destrezza. Ma questa logica vale anche a livello europeo. Al netto i flussi vanno dai paesi "ricchi" a quelli "poveri". E noi ci giubiliamo per essere assistiti e rifiutiamo l'idea di esser catalogati come la parte bassa, sotto il profilo etico-estetico, d'Europa. Abbiamo abolito di nuovo la povertà? Quante altre abolizioni dovremmo aspettare prima di essere definitivamente collocati come "giardino d'Europa"?