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12 settembre '20 - Etica
Mi chiamo Willy ...
Era tempo in cui non si celebrava in modo così potente la fine del tempo


Trasformare la tragedia in evento mediatico, in cordoglio condiviso. Si tratta dell’ultimo espediente adottato dalla ‘tendenza assolutamente fondamentale del nostro tempo’. Ma la drammaticità resta tutta e nessuna giustizia giusta – una sentenza esemplare per omicidio volontario – riusciranno a ridarci Willy. Le proporzioni mediatiche dell’evento in cui si trasforma il funerale servono a lenire il vuoto lacerante di sensatezza che c’è nella perdita, quando la perdita consiste nella morte. Ogni parola, ogni riflessione, non riesce a sollevare neanche minimamente da questo senso di mancamento. Non soddisfa parlarne. Riaprire il dramma lacerante in una settimana di aperture di giornale. Evitare che si trasformi in evento mediatico chiedendo alle telecamere di spegnersi. Tutto ciò in aggiunta o in dismissione di attenzione non serve, non servirà. Così come non servirà inveire sui ‘balordi’ che l’hanno inspiegabilmente aggredito fino a procurargli la morte. In un dramma che coinvolge tutti non potrà mancare la partecipazione diretta del presidente del Consiglio in persona, Giuseppe Conte, probabilmente potrebbe essere presente Francesco Totti o una rappresentanza della Roma. Perché nel momento del dolore c’è la memoria e anche la sua rappresentazione. Quindi i crismi del potere danno manifestazione di loro cercando in perpetuarsi. Forse perché era tempo che non si assisteva a una fine così ingiusta il motivo per cui la necessità di ricominciare è così fortemente avvertito in una liturgia. O forse perché rimanda a un’altra voglia di inizio, dato ancor prima che la fine sia finita – alludendo alla diffusione del virus attraverso il ripresentarsi del contagio. Ma su un vuoto la tendenza fondamentale del nostro tempo deve cogliere lo stimolo a riflettere. A fronte di una tecnica e di una pervasività di modelli che si danno come esistenti indipendentemente dalle nostre effettive scelte, che quindi attraversano le nostre esistenze, sono le nostre esistenze ad essere costantemente in discussione. Tanto da potersi congedare dal mondo in ogni momento. Si tratta di un bit non inserito nello schema. Una nozione cancellata perché se inserita potrebbe far saltare tutto. Chissà se il Monsignor Parmeggiani oggi dirà questo nell’omelia. Ed anche la mancanza di un ruolo consapevole che non aiuta la drammaticità di un tema che non può essere rimosso. (Foto ANSA)