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02 dicembre '20 - Etica
Vaccinazione praticata in Gran Bretagna
Arrivano primi nonostante fossero partiti da posizioni scettiche


Si è fatto molto sarcasmo sul sistema sanitario anglosassone e sull’affidarsi all’immunità di gregge da parte del suo premier Boris Johnson. Il mondo industrializzato però credo debba avere grande considerazione sui tempi in cui in terra d’Inghilterra si sia arrivati alla messa su scala sociale del vaccino. E non si tratta della vittoria di una gara, anche se lo stimolo della competizione deve esser stato irresistibile per quelli di Oltremanica. Quindi gli inglesi per primi adottano il vaccino contro il Covid della Pfizer-BioNTech. Già dalla prossima settimana sarà disponibile. (La notizia è stata battuta ieri su tutte le agenzie britanniche e oggi è anche sui nostri giornali). La priorità sulla sua somministrazione sarà per agli anziani delle case di cura e per gli operatori sanitari. Secondo l’ufficio britannico di regolazione questo vaccino dovrebbe offrire il novantacinque per cento della protezione al virus. Sempre il Regno Unito ne ha acquisito quaranta milioni. Saranno sufficienti per vaccinarne venti, perché ogni persona ha bisogno di una dose e di un ritorno. Ma questo tagliare il traguardo per traghettare il popolo verso la salvezza dal contagio va letto nel senso di una fiducia che la cultura mediterranea stenta ad avere sulle acquisizioni del mondo della tecnica e sulle produzioni che arrivano dal mondo industriale. Inutile qualsiasi considerazione di merito. Fuori luogo elogiare la cultura di un popolo o considerarla soggetta ad un’illusione, quindi ingenua. I conti si fanno sempre alla prossima scadenza, quando dovremo capire se questo vaccino ha effettivamente funzionato e se la società reale a cui è stato somministrato si è effettivamente immunizzata. Ma è questo un dilemma che un inglese non si porrebbe mai. Ed è anche questa il gioco ad esclusione dei pensieri che rallentano, tipico del pensiero anglosassone: centrare su oggi, tagliare ogni congettura sul domani.