ilnardi.it
20 marzo '22 - Estetica
Per togliere il campanello alla tigre ci vuole chi lo ha messo
La frase è un classico della cultura cinese e l’ha ripetuta Xi Ji Ping a Biden. Perché?


Il poeta Hui Hong, nel riportare un frammento di cultura confuciana, non si aspettava che un suo asserto girasse il mondo e diventasse un oggetto di contemplazione dialettica. Tutto ciò anche in paesi ben distanti da questa latitudine metafisica.

Il confucianesimo somiglia al nostro stoicismo. Similmente - ma non identicamente - la forza della soggettività supera l'individualità ma diventa massima tensione diretta alla latitudine universale e necessaria. In questa proiezione esistenziale l’astinenza dall’attivismo puro e semplice - il rifuggire l’azione come semplice testimonianza, il guardare con sorriso la partecipazione simpatetica del dolore altrui - sono i pilastri di una sapere contemplativo. Illumina i tratti di un'etica che riesce a guardare il mondo sempre col distacco dovuto alla conservazione di Sé, nel suo esser parte integrante della natura.

Nell'asserzione è chiara l’attestazione per cui chi ha fatto il guaio lo deve sbrogliare. Facile a dirsi. Bello nella proiezione esplicativa che consiglia la misura e la ponderatezza in ogni azione. Ma quasi mai è così. Proprio chi ha fatto il guaio diventa improbabile attore per risolverlo. Proprio perché l'ha causato! 

Ed è proprio per questo che debbono intervenire gli altri. E una volta risolto colui che ha tolto tutto il sistema dai guai potrà rilanciare la propria posta per giocare al prossimo tavolo con un’influenza aumentata. (Nessuno fa niente per niente).

La saggezza confuciana riesce, in definitiva, ad estendere i tempi della soluzione, affinché la soluzione diventi sempre più complicata quindi implichi l’intervento di un terzo – un soggetto che non sia la tigre né chi ha messo il campanello.

In questa crisi bisogna come sempre capire qual è la soglia del dolore da parte della Cina: quel coinvolgimento con problemi ai propri interessi mercantilistici ai quali i cinesi non vogliono sottostare. (È stato detto a più riprese che gli interessi della globalizzazione guardano con grande insofferenza a questa guerra e il capitalismo cinese oramai consiste nell’esponente più forte del globalismo). Una volta toccata questa soglia sarà loro onere togliere il campanello, anche se non attribuibile l'inserimento al collo della tigre.

Ma, in verità, questo modo di parlare aforismatico porta alla libera interpretazione della sensatezza storica dei soggetti in azione. Chi è la tigre? La Russia o l’Ucraina? Se è la Russia il campanello è rappresentato dal pericolo dell’espansione della Nato. (E allora spetterebbe agli States di toglierlo). Se è l’Ucraina il campanello è rappresentato da chi gli ha dato e continua a dargli le armi: di nuovo gli Stati Uniti più alcuni stati europei. (E allora si fa più articolato e complesso l’onere di toglierglielo).

Farsi aggrovigliare dai sofismi cinesizzanti sarebbe un errore infantile degli altri interlocutori. In verità i cinesi sono persone molto pragmatiche, abituate ad affrontare e risolvere i problemi ventre a terra. Lo stesso deve farsi anche in questo caso.