“Parlare della morte per celebrare la vita”. Così chi ha
lambito diverse volte, nella vita, la morte - e cioè l’artista cinese Ai Weiwei
- definisce la Commedia Umana. È il nome che ha scelto per la sua opera esposta
alle terme di Diocleziano. Duemila pezzi di vetro soffiato a mano e fuso dai
maestri vetrai di Berengo Studio di Murano.
Definita sarcasticamente come “enorme lampadario”, la Commedia
Umana mostra la distanza siderale che c’è tra Oriente e Occidente nell’idea
dell’arte. L’Oriente ha bisogno di raffigurazioni che riportino il sensibile
materico dell’esperienza. La cultura europea vuole trascendere l’esperienza
sensibile per sprofondare nelle sue condizioni di esistenza.
Ed è così che in questo concatenarsi di momenti tenuti in
piedi in modo meccanicistico, per un’altezza di nove metri e una larghezza di
sei, sfila l’orrore dello stilema più consolidato della morte - intesa come concrezione di ossa e non come
puro nulla.
Dare un messaggio di prospettiva per la vita e per il futuro
perché altrimenti di noi non rimarrà molto di più che queste ossa. Volgarmente
la risposta spontanea è che non doveva arrivare un grande artista dalla Cina per
dovercelo ricordare.
Accettando qualche mediazione storico culturale in più però
di questa opera si deve apprezzare il grande lavoro di ingegneria nella messa a
sistema dell’insieme di articolazioni raffigurative della morte, intesa nella
sua rappresentazione tipica dei teschi e delle ossa. Un modo per dire anche che
diverse possono essere le articolazioni di vita, ma unica è la condensazione
nel rappresentato possibile che si evidenzia nel suo esito finale. La morte è
morte, sia che tu sia stato buono che sia stato cattivo ed è il qualcosa di veramente
unificante della vita. Ed è questa la " commedia ". Forse potremmo dire proprio la
burla: il messaggio che l’artista stesso ha lasciato per lancio descrittivo
della sua opera esposta.
È il Museo Nazionale Romano e Berengo Studio con la
Fondazione Berengo ad organizzare il grande allestimento di ossa in vetro e la
loro collocazione presso le Terme di Diocleziano. Ha collaborato anche la
Galleria Continua.