ilnardi.it
06 aprile '22 - Semiotica
Solamente dall’Oriente può arrivare la risposta
Le contraddizioni europee mostrano che c’è un male peggiore della guerra, il non saper guardare e agire scegliendo rapidamente in termini di opportunità


“Moriremo tutti”. Così Putin rispondeva alle provocazioni del giornalista sul pericolo di escalation militare”.

E ancora. Al giornalista che gli chiedeva sulle responsabilità del governo russo sull’avvelenamento di Aleksej Naval'nyj (20 agosto 2020) il premier russo rispondeva ridendo che se fossero stati loro l’attivista non sarebbe sopravvissuto. Il segno di uno che sceglie un codice perché arrivi diretto a tutti. La grammatica nuova del fare putiniano non ha bisogno di linguaggio cifrato, quindi di sotto codici. Ha sempre detto chiaro e tondo quel che contava di fare, anche quando poi faceva il contrario – come quando poco più di un mese fa sembrava aver ritirato l’esercito dai confini con l’Ucraina sostenendo la tesi dell’esercitazione. (Un’esercitazione fuori misura – era stato subito notato – e infatti non lo era).

Ma il rapporto tra verità e azione in Putin ha sempre i caratteri dell’autoevidenza. Lui parla dell’Hic et Nunc. Non si sofferma su prospettive né ha bisogno di indorare pillole prospettando futuro ottimistico.

Ha mostrato al mondo la tecnologia bellica di cui dispone. Lo ha fatto un mese prima dell’invasione in Ucraina, prendendo a pretesto un vertice con la Bielorussia. Quella che considera il suo diffusore di messaggi per il mondo. Putin possiede missili e altra tecnologia militare per più avanzata di quella in possesso dall’Occidente. Ed è lì, all’obiezione del giornalista, per cui se lui avesse adottato il suo arsenale per fare guerra avrebbe installato un’escalation, che Putin ha risposto: “e allora moriremo tutti”.

Espresso un mese prima di quella che si pensava potesse essere un’annessione facile, e non una carneficina come stiamo vedendo, questo messaggio della scacchista vuole dire che il suo blocco è disposto ad andare fino in fondo con la piena consapevolezza delle conseguenze.

La mossa allora spetta all’Occidente. Decidere! Morire per l’Ucraina oppure con qualche sceneggiata accettare l’inevitabile cercando di salvare il salvabile: tipo, quel che resta del governo ucraino in carica nel nuovo ruolo di esecutivo esule. Quindi, ‘in esilio continuare a dare espressione di sé per tenere alta la fiaccola della libertà’.

Il resto sono balbettii, da parte dell’Occidente. Ad esempio la decisione di liquidare i trenta diplomatici russi dall’Italia: due sono le possibilità, o erano effettivamente spie e allora la nostra intelligence lo è assai poco oppure non è vero e allora di fa una cosa sbagliata. Più probabilmente si cerca di mostrare determinazione verso un interlocutore (la Russia) che, in definitiva, resta tale.

Ma nell’impasse per cui la Russia militarmente più forte non può ancora utilizzare i suoi strumenti ed è sulle corde davanti l’incredibile resistenza ucraina, si può intervenire con il senso del kairos: il senso dell’opportunità, della scelta appropriata, nel momento specifico.

Ci si chiede perché la Russia che non ha battuto ciglio all’ingresso della Polonia nella Nato adesso debba scatenarsi contro quella che appariva l’indifesa Ucraina. La risposta sta nel fatto che il governo di Zelensky è stato eletto con libere elezioni. La sorte ha voluto che il personaggio non fosse una montatura, ma pieno di carattere e capace di infonderlo ai concittadini.

Se dovesse capitolare finirebbe con lui quel must per cui cercando la pace e l’onore si trova invece il disonore insieme alla guerra. Ma anche Boris Johnson ponendosi come il Churchill de noantri dimentica che la globalizzazione implica un teatro che, di fatto, è immediatamente coinvolto dagli accadimenti ucraini. E non potrà rimanere inattivo per troppo tempo. E allora davanti ai nostri nani si aspetta il risveglio eliodromico dell’Oriente. Solo lui ci può salvare