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01 settembre '22 - Estetica
Je suis Catherine Deneuve
Premiata alla carriera nella Mostra Internazionale del cinema a Venezia


Non le manda a dire, mai compiacente, incontra i giornalisti ma non vuole conquistarne i favori. Non ne ha bisogno, ma a ben guardare non l’ha mai fatto. Ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera nella Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.

Rifiuta l’icona stancante della donna sexy. E a pensarci bene ne ha tutte le ragioni. Questa categoria logica appare assai riduttiva per una donna che ha segnato il cinema d’Europa per mezzo secolo. Indisponibile ai consigli da dare alle giovani, ma più probabilmente alle domande sciocche e prevedibili. Catherine Deneuve è anche oltre la diva.

Si pone da filosofa quando dice: "Quando ci fermiamo un momento a guardare il nostro passato sembra che tutto sia stato deciso prima. Ma non è affatto così. Le cose del passato dipendono da un buon grado di fortuna come anche da buone e cattive decisioni. A volte queste vengono prese in modo corretto, ma poi i risultati sono diversi da quello che ci si aspettava”.

E in tema eracliteo: “Il cinema cambia costantemente”. L’ontologia del cinema, invece: “le persone continuino ad andare in sala, una cosa che faccio sempre nonostante abbia a casa un grande schermo, ma il cinema in sala è un'altra cosa".

La fenomenologia del cinema e il suo fondamento: "la sceneggiatura. È quello che fa la differenza".

La categoria mentale di Catherine Deneuve si staglia nella storia della bellezza diversamente da altri talenti femminili. Diversamente da Monica Vitti la cui bravura faceva passare in secondo piano la sua bellezza, in Catherine Deneuve l’una è funzionale all’altra. Ma giustamente, come ha tenuto a dire in conferenza stampa, la bellezza non l’ha mai portata a diventare un sex symbol. Il fatto di essere desiderata non si riduce in un sinonimo di sex symbol. Né lei, né chi ha veicolato inizialmente la sua immagine, ma tantomeno i tratti della personalità hanno mai portato Catherine Deneuve a porsi oggettivamente come soggetto di attrazione.

Potremmo definire il suo come un caso di una “prima donna”. Nel senso della protagonista di uno scalino evolutivo in cui per essere determinata e costruttrice autonoma del proprio destino non si doveva rinunciare minimamente alle sue prerogative offerte dalla bellezza. (Le femministe del suo tempo dicevano di rifiutare questo strumento vincente in società perché mortificava, in effetti, le possibilità di affermazione della donna sulla base delle qualità che esulavano dalla bellezza). La bellezza per lei si poneva come veicolo, come datità.

In effetti l’affermazione di Catherine Deneuve nel cosmo dell’immaginario collettivo serve anche ad affermare l’oggettività della bellezza e la sua autonomia totale dall’interesse e dalla strumentalità.

Con Catherine Deneuve si afferma nella donna la bellezza assoluta, svincolata da ogni interazione in cui si ripete l’eterno refrain tra l’essere oggetto e l’essere soggetto per tradursi in qualcosa di eternamente indefinito ontologicamente.

“Ouì, je suis Catherine Deneuve” – È il resto ad essere indefinito nell’affanno di non riuscire a ridurre la sua immagine in una tipologia di icone già conosciute. Ma questo a Venezia, nonostante il premio alla carriera conferito, ancora non l’hanno capito.