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22 dicembre '22 - Storia
Zelensky a Congresso degli States
Si può dire che di questo viaggio non se ne sentivano le ragioni? Si può dire anche che nemmeno l'auspicio della pace sia mai stato enunciato?


E si contano i giorni. Non per la fine delle ostilità. Bensì per ricordarsi da quanto durano. E lo si dice con enfasi. Tanto per non apparire arrendevoli: "siamo arrivati al trecentesimo giorno di un attacco brutale e ingiustificato che la Russia ha lanciato contro l'Ucraina". Parole di Joe Biden in conferenza stampa. Grazie tanto! Non avevamo alcun dubbio.

Dire: “non ci arrenderemo mai” è giusto, oltre che bello, anche se col guasto gusto della retorica che facendo i conti con la Storia ha sempre pagato pegno. Ma è un’asserzione comprensibilissima. Andare a dirlo in casa statunitense, al congresso, davanti a Biden, prendendo facili applausi, appare come una provocazione e anche una legittimazione dell’aggressione russa in Ucraina. Come dire: ‘ ve l’avevamo detto! L’Ucraina è oramai uno stato satellite dell’America che si è impiantata strategicamente sotto casa nostra. Ed è per questo che i ruoli si rovesciano. È la Russia stavolta a dire: non capitoleremo mai! E la nostra guerra è giusta perché serve ad affrancarci dal controllo dell’imperialismo statunitense ’.

A questo punto però, veramente, non si capisce il motivo del viaggio di Zelensky. Ma come? Ad inizio conflitto rispondeva orgoglioso che lui non aveva bisogno di un taxi ma di strumenti militari per rispondere a questa aggressione. Questi strumenti continuano ad arrivargli. Perché andare a chiederli direttamente in casa del nemico giurato della Russia? Un modo per irridere l’invasore ma che dà le ragioni che prima la Russia non aveva. Allontana la possibilità di una presa di coscienza da parte del popolo russo.

"Il prossimo anno sarà critico", dice Zelensky al Congresso. Ed è qui che si scorge come la richiesta di aiuto si fa più consistente fino a diventare un monito perché ci sia un intervento ancora più diretto. Facile la replica dal parte di che evoca una “guerra per procura”. Sono gli inizi di una guerra mondiale. E non possiamo farci nulla se non ritirarci di gran carriera.

Zelensky non si perita di guardare alle conseguenze di quello che dice. Parla impunemente di Seconda guerra mondiale. Cita l'offensiva delle Ardenne e Franklyn Delano Roosevelt, ringrazia gli americani. "La vittoria dell'Ucraina – ha detto - sarà anche la vittoria dell'America".

Nei discorsi non c’è riferimento alla pace, al ristabilimento di una condizione ante quem. Dice di volere "la vittoria, solo la vittoria". Sembra di essere in un film con John Wayne, solo che è l’attore a dirigere le manovre di guerra effettive, non di interpretarle per un film. E poi augura a tutti "buon Natale e un buon anno nuovo vittorioso". Con minimo di senso storico il Natale l’ha rovinato a tutti.

Ma adesso guardiamo gli States e i rapporti di forza. I democratici sostengono Kiev e appaiono compatti. Le obiezioni affiorano tra le fila repubblicane. Zelensky in sostanza vuole più aiuti per combattere la Russia. Vuole i suoi alleati in prima linea. Non si perita dell’escalation della Guerra Mondiale da presunta a reale. Lo stesso chiede agli altri alleati. Dopo Wasghinton potrebbe atterrare in terra d’Inghilterra e magari anche in Francia e Germania. Avremmo fatto il trittico.

Le scimmie che seguono il circo mediatico che mostra i muscoli non potevano allora evitare di entrare in scena. “L'Occidente non lascerà sola l'Ucraina. L'obiettivo è la pace, ma non si pensi di logorare l'Occidente, perché non si farà logorare e sosterrà l'Ucraina fino a che non arriverà la pace". L’ha riferito Antonio Tajani a Sky Tg24. Il ministro degli Esteri ha ribadito: "L'Europa è parte dell'Occidente e sta facendo tutto ciò che deve anche preparando la ricostruzione". Beato chi ci crede. Tutto si prepara invece per l'estensione della guerra. E quando ce ne renderemo veramente conto sarà troppo tardi per dire che ci eravamo sbagliati.