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31 dicembre '22 - Etica
Addio a Ratzinger
IL 31 dicembre ci ha lasciato il più grande Pontefice dell’Età Contemporanea, ha avuto il merito di essere grande per non esserci ma aver fondato il suo essere solo sulla forza dei suoi testi


Ci lascia il Pontefice che più marcatamente sarà ricordato nella Storia del Cristianesimo di questi secoli, pur avendo lui declinato a svolgerne le funzioni. Non è per l'abdicazione può considerarsi “gran rifiuto”, a mo' di Celestino V, le dimissioni di  Joseph Ratzinger. Merita un ruolo decisivo nel panorama mondiale di questo inizio di millennio.

È la sua assenza, infatti, ad aver dato quella eco alla Chiesa: la capacità di secolarizzarsi e in contempo restare una lettrice del Sacro. Quel peso specifico che dalla fine dello Stato Pontificio non si sentiva. Tramontato il potere temporale, la Chiesa, infatti, non era riuscita a recuperare la spiritualità perduta nei secoli. Ma l’assenza che più mancava nel Cristianesimo consisteva nell’incapacità di penetrazione della rivoluzione culturale che aveva rappresentato.

Potere e influenza venivano comunque esercitati ma erano eredi di quel potere temporale di medievale memoria. La Chiesa faceva valere, anche se in modo assai scarso, la capacità di comunicazione con cui era ancora in grado di parlare al mondo.

Ben altra cosa però dal lavoro di diffusione, ri-pensamento, valorizzazione dei testi sacri, il Vangelo dei quattro evangelisti, quello tramandato dalla tradizione, scritto, pensato e levigato, sopra a tutti.

La ragione del pontificato di Ratzinger stava tutta qui. Lui solo era in grado di riprodurre la sensatezza di un messaggio che si eterna proprio per la grande capacità di toccare le corde del sentimento morale a cui la Chiesa non arrivava più, presa com’era da una precettistica stringente, infruttuosa, formale e vuotamente simbolica. Le letture di Ratzinger invece obbligavano a un ritorno alla vera natura del cristianesimo, all’elaborazione della colpa, alla possibilità del suo riscatto in questa stessa vita. Un percorso di elementare precettistica a cui la Chiesa aveva rinunciato da tempo, presa, come era e come è, ad entrare in relazione con le altre forze del mondo, siano queste i leader degli Stati siano invece grandi forze economiche.

Il viaggio in Terra Santa uno degli atti più importanti del suo breve pontificato. Avrebbe iniziato un paziente lavoro di recupero col mondo dei sacri padri rappresentati dal mondo ebraico. (Il Vaticano fu uno degli ultimi stati a riconoscere Israele ed i rapporti con quel mondo non sono stati mai recuperati del tutto). 

Identico valore anche per la ricerca di una nuova coesione con le altre confessioni che ritengono di rappresentare il cristianesimo. E una delle ragioni di volta del suo pontificato, probabilmente sta proprio in questo. Ratzinger doveva servire a scongiurare un nuovo scisma, tutto tedesco. Una volta dimostrata l’apertura massima della Chiesa di Roma all’arrembante cattolicesimo germanico, non aveva forse più ragione di tenere un Papa come Benedetto XVI a cui mancava il carisma in grado di coinvolgere le masse.

È stato allora per questo che Santa Madre Chiesa gli ha preferito un Papa Pop, in grado di riempire le chiese e piazza San Pietro la domenica. (Conti sbagliati, perché probabilmente anche di Bergoglio l’immagine che resterà epocale sarà la Messa per il Venerdì Santo celebrata in piazza San Pietro vuota durante il tempo del lockdown).

L’errore delle massime gerarchie ecclesiastiche in questa fase storica è consistita nell’emulazione delle logiche con le quali si governano altri tipi di organismi politici o di natura finanziaria. Il carisma nella Chiesa non è dato dalla maggioranza, né dal possesso dei numeri favorevoli. Oggi come allora consiste solo nella forza della parola. Ratzinger ci ha insegnato questo. La speranza oggi è nel suo esempio. Ora che non c’è più l’uomo in carne e ossa, il Cristianesimo ha la speranza di portare questo grande messaggio rivoluzionario, forza del Cristianesimo e solo del Cristianesimo, ad affermarsi e a prevalere.