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13 febbraio '23 - Italia
Waterloo
La batosta del centrosinistra rimanda ad un nuovo asse in cui ricostruire l’identità riformista la vittoria indiscutibile del centrodestra obbliga a registrare i criteri di governo interno dei rapporti di potere


Si conferma il dato del 25 settembre. Anzi, si sancisce l’affermazione netta del partito di Giorgia Meloni che da destra si pone nel ruolo distributivo centrista che un tempo appartenne alla Democrazia Cristiana. Solo che Fratelli d’Italia non è la DC e dovrà invece regolare gli appetiti interni e ancor più faticosamente sarà impegnata a temperare le arrembanti richieste di Forza Italia e Lega. I due partiti di destra più moderata infatti è prevedibile chiedano maggiore rappresentanza nei luoghi che contano temendo di essere risucchiati dal partito di maggioranza relativa. Giorgia Meloni, o chi per lei, dovrà concederglieli pena alimentare fibrillazioni già iniziati con la dichiarazione di Silvio Berlusconi, domenica, a urne aperte.

Si dimostra sul piano scientifico e statistico che, almeno in questa fase, gli effetti da irrequietezza del dibattito politico (caso Cospito, non-scandalo delle case comprate da Fontana, dichiarazioni incaute di Donzelli in Parlamento) non hanno mosso alcunché. La tendenza a destra in Italia è patente.

Le ragioni possono addursi a diversi motivi. La prima consiste nel fatto che la dialettica puramente massmediatica del dibattito oramai ha ridotto ragionamenti a brevi asserzioni sulle quali la destra si trova in condizione maggiormente congeniale. Il problema per la sinistra è che la sinistra non ne ha.

La seconda ragione consiste nel fatto che il principale e solo partito riformista, il PD, si riduce oramai a una sommatoria di personalità, ciascuna delle quali portatrice di voti e di consensi puramente personali. Il simbolo, l’idea generale caratterizzata dal senso di proprio schieramento non muovono alcunché. Il PD porta con sé principalmente il coefficiente elettorale della propria classe dirigente e dei molti accoliti inseriti in vari luoghi.

La terza guarda sicuramente all’emorragia di quadri a vario livello nel soggetto cosiddetto progressista. Le polemiche interne non hanno aiutato anche per quel fattore di dibattito che cementifica il sentimento diffuso degli elettori di sinistra. Il disorientamento è massimo e quando si rompe il vaso quasi mai i diversi cocci ricadono all’interno dello stesso.

Deve essere anche guardato con attenzione il risultato deludente dei Cinque Stelle che perdono la loro rincorsa per il superamento del principale partito di centrosinistra. Ma quel che avviene solitamente in politica non produrrà il ritorno a più miti consigli del partito di Giuseppe Conte. Piuttosto è probabile che vorranno recuperare il loro ruolo di interdizione della logica degli schieramenti giocando da una parte all’altra similmente a quello che fu il partito dell’Uomo Qualunque ad inizio del secondo dopoguerra.

Un laboratorio da analizzare per gli effetti che ne conseguiranno potrà essere invece il mondo del centrodestra. Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi domenica non fanno parte della grammatica di uno schieramento che si pone in modo netto, sia nella dialettica interna come a livello internazionale.

Si tratterà di vedere gli esiti del futuro lasciando a sinistra un ruolo di rientro in attesa degli errori dell’avversario. Le premesse però non lasciano ottimismo in questa compagine. L’aver polemizzato con Conte al primo spoglio delle schede, da parte di Enrico Letta; l’aver polemizzato con Berlusconi invece di consegnarsi al silenzio evidenziando la voragine nel centrodestra dimostra che quelli del PD non hanno le idee chiare di come funziona la politica. Hanno poco da insegnare continuando a fare i maestri alla destra!