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04 dicembre '23 - Semiotica
Trenta anni senza Zappa
Ha lasciato un vuoto che fiumane di musicanti ritmici e della seduzione facile non hanno colmato


Quando un genio muove le tende per andarsene il quesito che sorge spontaneo sta nel chiedersi cosa sarebbe successo se lui fosse ancora con noi. La sua vena innovativa non poteva durare all’infinito. E anche quella di Zappa, possiamo dirlo per l’onestà intellettuale a cui ci ha educato, da tempo si trovava in sofferenza. La sinfonia dello Yellow Shark con le credenziali di stare troppo avanti ancora oggi non è stata recepita e si dubita che un giorno lo sia.

Prima ancora una miriade di produzione discografica e concertistica in cui il chitarrista, nato come batterista, aveva costruito il suo essere The Man From Utopia usando le note a suo stilema espressivo. Non era l’unico modulo comunicazionale. Non era il solo. I suoi testi sono gravidi di provocazioni oggi irripetibili per la moratoria nei confronti di contenuti sessisti. Ma la ritmica non corrisponde, in definitiva, a una volontà di potenza che si sostanzia con quanto effettivamente espresso dalla persona? You Are What You Is ne è il risultato. Hot Rats, l’inconfessabile che ciascuno cova senza colpevolezza. E nella vita è difficile col propellente di questo preconscio trovare una taglia, una modalità, che si adatti tutto: One Size Fits All.

La frustrazione riscontrata nell’impossibilità di arrivare a questa misura la si compensa apostrofando le avversità – Apostrophe – oppure coltivandone un sogno nel laboratorio dove un Central Scrutinizer determina ogni passaggio decisivo nelle sensazioni notturne – Over-nite sensation - della propria vita pulsionale – Joe’s Garage.

Il gioco potrebbe durare per tanto tempo ancora ma la qualità a cui ci ha educato il musicista californiano è cambiare, cambiare subito, prima che il motivo arrivi a mentale esaurimento. Cambiare con variazioni di tempo e di stile in cui ci si disinteressa della tenuta di un filo logico coerente. Ma la grandezza sta tutta qui. A differenza di una miriade di imitatori dopo di lui, la compiutezza dello scritto testuale appare perfettamente costruita come se si trattasse di un stile nuovo appositamente inventato. Stile che è impossibile seguire o imitare perché alla prossima occasione sarà una cosa diversa. E la prossima occasione è adesso.

Zappa era indigesto ai suoi intervistatori. A volte perfino al suo pubblico che pure lui guardava con attenzione cercando di coglierne le variazioni di gusto. I suoi biografi riportano di lui la massima attenzione sulle vendite e la grande sorpresa per il fatto che i dischi, secondo lui, stilisticamente maggiormente compiuti non avessero incontrato il favore del grande pubblico. Lui lo attribuiva all’affermazione del Punk e alle sue filiazioni.

Non amava vestire i panni del talento incompreso. Andava verso i gusti del pubblico con la tendenza ad anticiparli però. Era dotato di una grande ironia. Quasi giustificava le prime produzioni discografiche aventi oggi un valore esclusivamente storiografico. “Erano tempi in cui il produttore non metteva bocca su quello che suonavi. L’importante per lui era vendere, qualsiasi cosa gli portassi”. E lì a fare l’imitazione del ricco strafottente americano attento solo a fare i soldi col talento degli altri.

Memorabile la sua ironica campagna elettorale per diventare presidente degli Stati Uniti. Le parole declamate sarcasticamente nei concerti che replicavano il vademecum di un turista che mette piede nel suolo degli Stati Uniti. Un atteggiamento anti-sistema che però non poteva essere tacciato di comunismo o disfattismo. A causa delle sue intemerate-antisistema, Zappa dovette rispondere in un autentico processo con tanto di avvocati e giudici. Lo fece. Sottoponendosi con disciplina senza pensare mai a fare le valige e andarsene in una miriade di bellissimi posti nel mondo dove lo avrebbero accolto a braccia aperte.

Era un figlio dell’America. E l’America sarebbe stata anche la terra che sopra di lui lo avrebbe coperto dopo il suo passaggio mondano.