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06 marzo '24 - simboli
I fatti degli altri
Lo spionaggio industriale trova giornali come base di appoggio e per alcuni è una novità


Tutti sanno che ognuno di noi è, per così dire, monitorato. Gusti, tendenze, consumi preferiti, accesso a risorse proprie e facilità nel poter disporre di quelle di altri ... Il tutto affinché il sistema finanziario sappia chi è colui che chiede credito. Ma anche per i grandi sistemi produttivi per capire chi siamo e quanti prodotti debbano essere realizzati per trovare credibilmente un mercato.

Tutto questo un marxista d’antan lo definirebbe svolta tecnologica del capitalismo che oramai è integrato profondamente nei circuiti di alta elettronica computazionale per capire cosa deve fare e, se del caso, farlo. Il problema del capitalismo è sempre stato quello di prevedere il suo mercato. Nel secolo scorso la polemica ricorrente era quello di indurre dei bisogni artificiosi che, avendoli creati, il mercato provvedeva a soddisfare.

Nel terzo millennio chi produce deve sapere tutto di noi: da quanto pane mangiamo a di quanta tecnologia abbiamo bisogno, come riusciamo a dare soddisfazione alla sfera del bisogno.

Si cannoneggia inutilmente sull’invenzione della privacy ordita proprio perché è stata smantellata. Si crea un diritto violato per un diritto insussistente al fine di creare l’infinito circolo vizioso.

Ma una persona comune è totalmente destituita da alcun interesse per quello che, sempre con definizione d’antan, veniva chiamato capitalismo, ma potremmo chiamarlo, industrialismo, o anche mercato.

Fin quando questa persona qualunque acquisisce una posizione preminente. Ha la capacità di agire, diventa un rappresentante pubblico, trova credito presso gli altri. Lì parte il setaccio su tutto quanto si può sapere di lui.

Lo stesso armamentario è utilizzato per controllare ogni passaggio finanziario tollerando operazioni e giri, fin quando non si passa il limite o si entra nel mirino delle attenzioni di qualcuno. Allora cambia il gioco.

Queste righe dovrebbero servire come vademecum della vita moderna. Quando un personaggio inizia ad essere scomodo parte il servizio. Di qui l’opera di dossieraggio che riguarda o può riguardare ciascuno di noi.

Ed è in questa fase che entrano i giornali. Sono gli utili idioti che servono per rendere pubbliche certe cose precedentemente rimaste celate. Succede allora che una ministra, pur discutibilissima e a molti antipatica politicamente, veda scoprire gli altarini delle sue attività aziendali. Succede che un sottosegretario eccentrico e ben conosciuto per le sue bizze si trovi il servizio su acquisizione di un’opera d’arte il cui acquisto risulta derivato da un furto. Era una nozione che non interessava far conoscere fin quando il personaggio si decide debba esser tolto di mezzo.

A questo fine sono promossi programmi televisivi. E nessuno si chiede come mai in un palinsesto di programmazione così compassato, commendevole, con eventuali varianti sempre comprimibili nel piano della piccola evasione, si conceda spazi di autentica contro-informazione. Chi la fa questa contro-informazione? Dove sono questi agenti segreti? Chi è disposto a rischiare tanto con pericolo di insuccesso?

Il sistema delle informazioni incrociate invece consente di vedere tutto. E quando deve emergere qualcosa da chi è fastidioso, allora emerge. Non c’è altro. I giornalisti in questo gioco sono i raccattapalle. Servono a riportare sul campo le sfere che ne sono uscite.