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11 marzo '24 - Storia
La bandiera bianca di Bergoglio
Fa discutere la posizione del Papa espressa nella famosa intervista


Oramai ci siamo disabituati a chiamarlo col nome del pontefice: Francesco. È per tutti Bergoglio. Come una rock star in avanzo di celebrità emette le sue massime sul mondo. Gli anni Settanta avevano John Lennon, questo ventennio del Duemila ha Bergoglio.

E quando parla Bergoglio non si perita di allineare la sua posizione a un’argomentazione gestibile nella dialettica di trattazione. Bergoglio parla. L’importante è che gli altri parlino dopo di lui, dimenticando il problema nello specifico ma chiosando semplicemente la sua dichiarazione.

Di questo tipo l’esternazione sulla necessità da parte dell’Ucraina di sventolare bandiera bianca per andare in trattativa col titolare dell’esercito invasore. Questo perché la guerra ha generato fin troppi morti da una parte e dall’altra. Anche se non lo dice, c’è l’implicita ammissione che chi ne sta avendo maggiori danni morali con quattrocentomila morti e circa un milione di profughi ucraini nel mondo non sono i russi.

Quindi, secondo la logica bergogliana, bisognerebbe cedere prima di spargere altre morti e sofferenze. C’è immediatamente da chiedere, allora, il senso delle morti finora. Se in Ucraina si è resistito con il massimo sacrificio ed ora ci si arrende quale giustificazione storica si darebbe a tanti morti?

Questo Bergoglio non ce lo dice perché per il papa il preservare le vite attualmente in essere consiste nel valore più grande che quello della libertà. Nuoce ricordare al Pontefice che lo scarto dell’Età Contemporanea si rileva invece anche da questo salto di specie, per così dire. L’uomo – inteso come umanità, ma può benissimo essere specificato precisamente anche al femminile – si accorge che la sua libertà è tale solo se dimostra di mettere sul piatto la propria vita in ottenimento o in restituzione di questo valore. È una scoperta di Hegel, che probabilmente Bergoglio ha masticato poco.

Non è diverso dai raffronti che la Storia ci offre dove nella Seconda Guerra Mondiale si è arrivati a una negoziazione e a una pace grazie a una trattativa, ma solo dopo che uno dei contendenti era totalmente fuori gioco. Non è divertente dire questo. Non è edificante sollevare questa bandiera che non è quella bianca di richiesta di pace.

Da questa logica però è impossibile uscire. La resa nei confronti dell’aggressore risulterebbe in definitiva sempre come arrendevolezza incondizionata. Ma neanche lo Stato del Vaticano riesce ad essere un modello di pacifismo incondizionato se nella sua Storia ha mosso le leve di altri eserciti per difendere i suoi confini né si è arreso tanto facilmente alla rinuncia dei possedimenti pontifici.

Oggi si difende dall’aggressione nel mondo non solo con lo spirito della sua fede e con l’esortazione alla remissione dei peccati. Il denaro e lo spirito del profitto col quale immancabilmente si gestisce proprietà, beni immobili e mobili, consistono nei tanti punti sospesi del Vaticano e della sua banca.

Ma ben si comprende trattandosi di un modo per essere in questa Terra senza accettare di soccombere all’aggressione dei più forti. La logica del denaro è la stessa della guerra e per certi versi l’anticipa.

Il Vaticano non è diverso dal mondo che abita.