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27 marzo '24 - Italia
Eccellenti ma non competitivi
IL quadro dell’Italia lo da Mario Draghi nelle vesti di analista su commissione del presidente UE


Quando parla Draghi non è mai un’espressione estemporanea di libero pensiero semplicemente sollecitato dal cronista. SuperMario-nazionale ha sempre una parola dall’alto del suo punto di osservazione per un paese che è pronto a raccogliere e desideroso di aver un nume tutelare dall’alto. Ebbe un re, poi sostituito da Gianni Agnelli ed ora ha Lui.

Chiaro che tanta eminenza non si trovi mai disoccupato. Ha avuto un incarico mesi fa. Deve quello di verificare se sussistono libelli di competitività nell’Unione a 27. Se le elezioni andranno bene potrebbe essere presidente di una commissione o addirittura sostituire Ursula von der Leyen. E se così fosse nessuno la rimpiangerà.

Sulla scorta di questo incarico ha invigilato gli uffici dell’Unione. Del resto, lui può, la sa lunga. L’Ex presidente della BCE, ha reso nota la sintesi di questa ricerca sulla competitività europea che sarà reso ufficiale a giugno.

L’Europa deve investire forti somme non essere annichilita da Stati Uniti e Cina. È la sentenza. (E ci voleva Draghi per arrivare a questa meditata conclusione?). Tant’è.

Secondo il Global Competitiveness Report il concetto di competitività deriva dal combinato-disposto di funzionamento della macchina amministrativa e giudiziaria, da scelte politiche, oltre chiaramente le disposizioni del mondo-impresa all’innovazione. Anche il Forum Economico Mondiale di Davos che commissiona queste ricerche non brilla in capacità innovativa. Però la cerca nel mondo dell’impresa. E vuole che sia appunto “competitiva” per resistere sul mercato.

Ma l’analisi sul nostro non-sistema-paese guarda a un passato in cui l’impresa era aiutata nella ricerca di mercati esteri e sui costi energetici, come sulla logistica e sui trasporti, all’attuale in cui tutto questo latita.

A caricarsi di tanto ritardo allora sono le imprese. Ma alla lunga non possono farcela da sole. E allora scatta il fenomeno della delocalizzazione. La parola chiave resta: “innovazione”. Ma innovazione di che? Innanzitutto i sistemi produttivi rendendo anche le piccole realtà d’impresa ad alto livello di organizzazione aziendale.

In sostanza secondo Marione nazionale anche le piccole imprese dovrebbero caricarsi un manager di alto profilo tra i tanti che sono rimasti disoccupati o sono costretti ad espatriare. Ma si era parlato di competitività non di collocazione.