Da giorni c’è un rimando di commenti, sentenze, battute e risposte in merito al quarto d’ora mandato in onda nella trasmissione Belve in cui l’intrattenitore o comico Mammuccari interrompe l’intervista concessa ad Francesca Fagnani nella trasmissione serale Belve.
E la centralità di questo tema sta proprio su come il
diverbio attragga l’attenzione di molti, quindi la ripresa su diversi organi di
informazione con l’attenzione sul caso come emblematico dei nostri tempi.
Di sicuro non sono sufficienti le due diverse argomentazioni
per chiudere la vicenda rimanendo semplicemente sorpresi di come un’intervista
fallita sia stata data in trasmissione. (Non
essendo la trasmissione in diretta si poteva semplicemente soprassedere e
invece si è inveito sul soggetto battuto tanto da ritirarsi). Mammuccari
può aver mostrato semplicemente la sua fragilità evidenziando l’incapacità di
gestire situazioni in cui è gestito. Se il personaggio non controlla pienamente
entra in crisi. E in questa eventualità si tratterebbe di un caso da
psicoanalisi.
Nell’altra eventualità Mammuccari è arrivato col copione già
scritto di uno che avrebbe rotto le regole della trasmissione. Lo avrebbe fatto
oculatamente per trarne maggiore vantaggio di visibilità, perché dopo si parli
di lui e dell’episodio creato. E se così fosse avrebbe avuto perfettamente
ragione dai risultati acquisiti.
Vantaggio di cui gode anche la conduttrice la cui formula
stancante riesce a fare presa solo con soggetti pienamente collaborativi e
inscritti perfettamente nella fisionomia indicata dalla trasmissione. Era nata
per fare un focus sulle belve. Si intendevano protagoniste che nella loro
carriera avevano dimostrato di sapere usare gli artigli. La trasmissione ha
funzionato. È stata estesa agli uomini e a donne i cui tratti aggressivi sono
pressoché invisibili. E questo ci sta.
Quello che non si comprende consiste nell’ambiguità della
condotta di chi intervista. Crea un clima di confidenza e familiarità per poi
incidere su questioni portatrici di vera sofferenza per l’intervistato. Ci sta.
In un’intervista vera deve essere così. Se il protagonista non si sente di
sottoporsi a un cortese interrogatorio, evita e ricusa l’invito. Ma è il clima
di amicizia, tale da conferire alla conversazione il tono di un gioco amicale,
che non va. Francesca Fagnani fa così. Quasi a farsi perdonare anticipatamente
il suo essere belva (o jena) sorride e ride, scherza nella circostanza, appare
affettiva nei modi. Arriva anche all’insolenza di dire, ma con voce vellutata,
che l’intervistato ha chiesto lui di farsi intervistare. Un modo per metterlo
ulteriormente alle corde e mostrargli la sua inanità.
IL fatto in definitiva non sussiste perché entrambi i
contendenti escono vincitori. Ciascuno ha ottenuto ampio riscontro dalla
vicenda sulla quale tutti ricamano sui Social.
IL problema invece resta per lo spettatore e per il livello
di correttezza di informazione, pur legata ad effetti spettacolari, propinata
dalla televisione. Un’intervista che non è un’intervista ma una conversazione
richiesta per riscontro di immagine dal quale, per effetto della polemica messa
in atto, escono entrambi vincenti.
Dalla trasmissione Belve non ci si può aspettare la verità
sul mondo o tutta la verità dei protagonisti della scena odierna intervistati.
Si tratta di un momento di comunicazione più vicino alla sceneggiata che all’informazione.
Con buona pace di tutti, tranne della fine fatta da quella che un tempo era
considerata la specificità più complessa del giornalismo: l’intervista. Oggi è
uno show. Sempre. Si sappia. I tempi di Minoli non torneranno.