Lo sciopero delle donne non è una novità nella Storia.
Almeno è esistito nella rappresentazione che tematizza quanto non può essere
riportato come testimonianza nel tempo.
Emblema è la vicenda di Lisistrata, celebrata da Aristofane.
Racconta di una ateniese che con un raggiro riesce a prendere il potere ad
Atene. Propone alle donne di fare uno sciopero del sesso contro gli uomini
troppo impegnati nell’eterna guerra con Sparta. Fin quando non firmeranno la
pace si asterranno dal fare sesso. Ma il nuovo equilibrio non piace neanche a
loro e si finisce nel grottesco così come si era iniziato. La vicenda però
nobilita la volontà del mondo femminile di volere la pace, contro un’inutile
guerra.
Altra vicenda in cui le donne sono protagoniste assolute è
nelle Troiane di Euripide dove, pur sconfitte e condotte come schiave, riescono a
far valere il loro spessore di persone. Quella capacità di entrare al fondo
delle vicende che il poema omerico gli aveva negato. Le donne ridotte in schiave
appaiono molto migliori dei grandi soldati esaltati dall’epos omerico.
Ancora nelle Baccanti, sempre di Euripide, donne tebane,
convinte da Dioniso, fuggono dalla città per celebrare riti in onore al dio. Le
donne sedotte da Dioniso si abbandonano in atti di depravazione ed è lo stesso
Dioniso che deve ricondurle alla ragione e così dimostrare la sua divinità.
Non è nuova quindi la rappresentazione di un genere, quello
femminile, che rompe gli schemi sociali. Anche la vicenda privata di Giorgia e
Giambruno può inserirsi in questo ambito. Solo che in questa ultima
esemplificazione di rottura di uno schema stantio c’è il semplice scambio di
ruoli. Il tipico maschile diventa femmile, e il femminile diventa maschile. Non
c’è senso della riforma.
Diversamente in questa giornata l’esemplificazione del
passaggio della lotta delle donne dalla storicizzata contesa sociale alla
rivendicazione economica chiara e semplice. Diretta.
Ed è il paese-emblema della parità di genere a scioperare
per migliorare il primato sul mondo. A Reykjavik
oggi si organizzata una manifestazione per abbattere ulteriormente il gender pay gap. Consiste nella diversità
di trattamento economico nelle mansioni lavorative tra uomini e donna. E non
serve dire che in Islanda sul problema si sta meglio che da altre parti nel
mondo. Secondo le donne islandesi promotrici dello sciopero c’è sempre modo per
migliorare e arrivare a fissare una uguaglianza perfetta. La manifestazione
tocca, chiaramente, anche i temi della violenza sessuale e di genere. Il corteo
è sostenuto anche dal capo del governo, Katrín
Jakobsdóttir, una donna. (Ha
perfettamente vestito i panni dell’uomo dando solidarietà formale ma nessun
atto convincente che abbia potuto scongiurare il corteo grazie al totale
abbattimento della differenza di genere nelle retribuzioni).
World Economic Forum
riporta che l’Islanda è il paese più vicino al raggiungimento della cosiddetta
parità di genere. Ma secondo le contestazioni di oggi si rilevano, invece, il
divario resta al ventuno per cento tra uomini e donne. Nonostante ci sia una
legge approvata nel 2'017 per chi ogni attività deve riconoscere pari stipendio
a parità di mansioni. Nella manifestazione si chiede di esibire i dati delle
attività in cui le donne sono la maggioranza. Ebbene, queste retribuzioni
sarebbero più basse se paragonate ad altre in altri settori. L’esempio tipico
sono le ditte di pulizie che si avvalgono di lavoro sottopagato, rispetto ai
livelli contributivi necessari per una vita decente e paragonabili ad altri
settori sui quali si può fare il parallelo.